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SCRIVENDO FAVOLE, POESIE E ANIMANDO BURATTINI |
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C'era una volta... |
LE AVVENTURE DI TAMRUA'
Personaggi Tamruŕ Scena
Prima
Villaggio di Gassa Charé. Tamruŕ, poi la Chioccia Coccodč. Tamruŕ
La mamma č andata al lavoro nei campi con i miei dieci fratelli
piů grandi. Č l’ora di andare (Tamruŕ
raccoglie un piccolo fagotto e si incammina). La
Chioccia Coccodč (Entra) Co … Coo … Coooccodč! Dove stai andando, Tamruŕ? Tamruŕ
Da nessuna parte. Vado a zonzo. La
Chioccia Coccodč Che cos’hai in quel
fagotto? Tamruŕ
Ho solo un po’ d’ingera, per merenda. La
Chioccia Coccodč Questa faccenda non
mi piace. Non me la stai raccontando giusta! Tamruŕ
Ssst
… Non urlare cosě, Chioccia Coccodč!
La
Chioccia Coccodč Perché? Questa č la mia voce normale.
Tamruŕ
La
mamma potrebbe udirti.
La Chioccia Coccodč
E allora? Anche se mi udisse? Non sto facendo nulla di male, io.
Tu, piuttosto, non starai mica combinandone una delle tue? Tamruŕ
Certamente no, Chioccia Coccodč … La Chioccia Coccodč
E invece io credo che tu stia facendo qualcosa che la mamma
dovrebbe sapere. Corro ad avvertirla. Tamruŕ
No, te ne prego, Chioccia Coccodč. La mamma non deve sapere ciň
che sto per fare. Non č nulla di male, perň. Anzi, lo faccio proprio
per aiutarla. La Chioccia Coccodč
La tua mamma ha giŕ
troppe preoccupazioni perché ti ci metta anche tu a crearle problemi.
Che cosa intenderesti fare? Tamruŕ
Da quando il babbo č morto, un anno fa, la mamma porta da
sola il peso del mantenimento mio e dei miei dieci fratelli. Non
possediamo animali, ed il nostro campo č troppo arido per sfamarci
tutti, anche se ci contentiamo di assai poco. Se non ci fossi tu,
Chioccia Coccodč, con le tue uova, moriremmo di stenti. La mamma, che
si priva di tutto per nutrire noi, č sempre piů stanca e magra. Spesso
piange di nascosto. Č cosě infelice, che ho deciso di andarmene da
Gassa Charč, in cerca di fortuna.
La
Chioccia Coccodč Oh, sacripante!
Andartene! Ma che idea ti sei messa in testa, bambina mia? Tamruŕ
Ho sentito dire che lontano lontano, c’č un grande fiume largo
quanto venti vallate come quella di Gassa Charč, e profondo quanto una
montagna. Sull’altra sponda la siccitŕ č sconosciuta, perché c’č
acqua in abbondanza. Sgorga spontaneamente da innumerevli sorgenti, pura
come la neve delle piů alte vette … La
Chioccia Coccodč Ma va’ … ! Tamruŕ
… il clima č dolce e temperato. Piove solo ogni tanto, per
poche ore. Al mattino ed al tramonto spira sempre una
brezza soave che rinfresca l’aria e la rende salubre. Non occorre
faticare per costruirsi un tetto sotto cui dormire. Gli
alberi sono cosě grandi che i loro rami scendono fino a terra, come a
formare dei grandissimi tucůl …
La
Chioccia Coccodč Ma va’ … ! Tamruŕ
… la terra offre spontaneamente frutta e verdura. Chiunque puň
mangiarne fin che vuole. Le mucche pascolano liberamente nei alpeggi e
chiunque puň mungerle per bere il loro latte. Gli abitanti sono felici
e sorridenti. Sono buoni ed ospitali. Amano molto i bambini, che giocano
tutto il giorno su prati verdi e sconfinati … La
Chioccia Coccodč Ma
va’ … ! Tamruŕ
… ci sono anche molte
galline come te, che fanno uova in continuazione e chiunque puň
mangiarle. La
Chioccia Coccodč Non so chi ti abbia messo in testa
queste idee, Tamruŕ. Ma sono idee pericolose.
Un paese cosě non esiste. Oppure esiste solo nella fantasia malata di
qualche forsennato mestatore. Andrŕ a finire che ti ritroverai in mezzo
ai guai, per cercarlo. Il mondo, fuori di Gassa Chassč, puň essere
molto brutto e cattivo, mia cara. Ora aspettami qui, mentre io vado a
chiamare tua madre.
Tamruŕ
No, Chioccia Coccodč, non farlo, ti prego! … La
Chioccia Coccodč
Certo che lo faccio. Tu, non muoverti di lě, finché non torno!
Tamruŕ
(a parte) Devo
impedirle di andare ad avvisare la mamma. (Urlando,
alla Chioccia Coccodč) Scappa, scappa, Chioccia Coccodč! La
Chioccia Coccodč Che
cosa succede, santo Paradiso?! Tamruŕ Vedo
arrivare una volpe ed una faina. Corri a rifugiarti nel tucůl,
Chioccia, prima che ti prendano e ti mangino. La
Chioccia Coccodč Ohi, povera me! (Esce
chiocciando di scena) Tamruŕ (Riprende
il cammino) Addio, mia cara Chioccia Coccodč. Mi dispiace averti
spaventata, ma non avevo altra scelta. Scena
seconda
Tamruŕ
cammina, cammina e cammina nella boscaglia Tamruŕ
Sono stanca, č ormai un giorno intero che cammino senza mai
fermarmi a riposare. Devo essere molto lontana da Gassa Charč. Il mio
pensiero va alla mia mamma ed ai miei dieci fratelli. A quest’ora
saranno tutti addormentati nel tucůl.
Ho fame. Mangerň un po’ d’ingera
e poi cercherň di dormire fra quei cespugli. Spero che, con le loro
spine, tengano lontane le bestie feroci. Tamruŕ
mangia, poi
si stiracchia, sbadigliando. Tamruŕ
Ahuum (Sbadiglia) … !
Non resisto piů dal sonno. Ora reciterň le preghiere della sera e
cercherň di dormire. Tamruŕ
recita le preghiere, poi si stende fra i
cespugli spinosi. S’addormenta. Qualche
tempo dopo la sveglia un’orrida risata. Entra
la Iena Puzzura. La
Iena Puzzura Hu-hu,
ha-ha! (Solleva in aria il muso,
annusando) He-he, ha-ha, sento odore di Tamruŕ! Hi-hi, ha-ha,
l’ho trovata, eccola qua! Tamruŕ
(Si sveglia di soprassalto)
La Iena Puzzura! Povera me, mi papperŕ in un boccone! La
Iena Puzzura He-he-heee … ! Fidati di me, e non aver paura,
piccola Tamruŕ. Non ti farň nulla di male. Voglio solo scambiare due
parole. Tamruŕ
Non ti credo, Iena Puzzura. Tu vuoi fare di me la tua cena! (A parte) Quanto puzza, questa bestiaccia orribile! Devo trovare il
modo di salvarmi. Vedo un albero laggiů. Forse ce la faccio a
raggiungerlo di corsa ed a rifugiarmi fra i suoi rami. Mi par di
ricordare che le iene non sanno arrampicarsi sugli alberi. La
Iena Puzzura Hi-hi-hiii … ! Non fuggire via cosě! Fai la brava, torna
qui! (Esce momentaneamente di
scena, con la sua andatura sgraziata). Tamruŕ
corre ai piedi d’un albero gigantesco, l’Albero
Azzurro, e
vi si arrampica fuori
della portata della Iena Puzzura Tamruŕ
Grazie, amico albero, che mi accogli e dai protezione.! Rimarrň
appollaiata fra i tuoi rami fino allo spuntare del giorno, quando la
Iena Puzzura dovrŕ correre a nascondersi nella sua tana per paura dei
cacciatori. Come ti chiami. L’Albero
Azzurro Tutti
mi chiamano l’Albero Azzurro, dal colore che assumo all’imbrunire.
Sono il rifugio di tante creature innocenti come te. Se rimanessero
nella boscaglia durante il buio, sarebbero uccise e divorate dai
predatori notturni. In questo momento, fra i miei rami riposano
uccellini d’ogni specie, scoiattoli, poveri topini campagnoli,
coniglietti ed anche bambini e bambine sperduti o scappati di casa. Ora
calmati e mettiti a dormire. Tamruŕ
Buona notte, Albero Azzurro! L’Albero Azzurro
Buona notte, mia piccola Tamruŕ! Sogni d’oro! Rientra
in scena la Iena Puzzura e passeggia avanti
e indietro ai piedi dell’albero. La
Iena Puzzura (Rifacendo il
verso a Tamruŕ ed all’Albero Azzurro)
Buona notte Albero … ! Buona notte mia piccola Tamruŕ … !
Ih, quante moine, quante stupide svenevolezze! Mentre io, povera iena,
devo saltare la cena! Mi si attorcono le budella dalla fame, perché č
vuoto il mio tegame. Me ne vado, qui non credo che riuscirň a mettere
nulla sotto i denti per colpa di questo stupido albero! Meglio cosě! In
fondo non avevo poi cosě fame! Scena
terza Tamruŕ,
poi Giovanni. Scena:
un canneto al margine della boscaglia. Tamruŕ
(Trascinandosi stancamente)
Ahimé! Sono ormai
sette giorni
che cammino da quando ho lasciato l’Albero Azzurro
e non ho ancor incontrato nessuno. Sono stanca, ho fame e sete. Da molti
giorni non mangio né bevo. Le forze mi
abbandonano. Sento che sto per morire. Mi stenderň all’ombra di quel
canneto, dove aspetterň la fine. Tamruŕ
si stende a terra. Povera
mammina, non ti rivedrň mai piů! Sarai arrabbiata con me, ma sono
sicuro che il dolore per la mia perdita č piů grande della tua rabbia.
Ti mando un bacio, mammina cara, e ti pongo in cima alle mie preghiere,
con tutti i miei amati fratelli. Tamruŕ
s’assopisce. Poco
dopo appare un giovane in vesti candide ricamate
d’oro. L’apparizione
s’avvicina sorridendo a Tamruŕ. Tamruŕ
si risveglia. Tamruŕ
Chi sei? Lo Spirito Buono
Io sono lo Spirito Buono. E tu, come ti chiami? Tamruŕ
Mi chiamo Tamruŕ. Vengo da Gassa Charč e sono la piů piccola
figlia di Mariam, la vedova. Lo Spirito Buono
Che cosa fai cosě sola e lontana da casa? Tamruŕ
La mamma non ce la
faceva piů a sfamare me ed i miei dieci fratellini. Cosě, per
aiutarla, me ne sono andata in cerca di fortuna. Lo Spirito Buono
E l’hai trovata? Tamruŕ
Ancora
no, Spirito Buono. Anzi, posso dire che finora non ne ho avuta molta, di
fortuna. Per arrivare qui ho dovuto affrontare mille pericoli e superare
altrettanti ostacoli. Una notte, la Iena Puzzura per poco non mi
sbranava. Nella boscaglia ho incontrato leoni e serpenti. Ho dovuto
attraversare fiumi infestati da coccodrilli. Ho scalato montagne
popolate da lupi famelici. Ho sofferto il caldo ed il freddo. Ho patito
la fame e la sete. Ora sono stesa qui, in attesa di morire, con il
rimorso di non essere riuscita ad aiutare la mia povera mamma. Lo
Spirito Buono (Prende Tamruŕ
fra le braccia e la stringe al petto) Non aver paura, Tamruŕ! La
tua ricerca non č ancora finita. Dovrai superare molte altre prove,
anche molto dure. Ma, alla fine, se avrai fiducia in te stessa, la
fortuna ti arriderŕ e tu potrai aiutare la tua mamma ed i tuoi
fratelli. Addormentati, ora! Tamruŕ
s’addormenta. Quando
si sveglia, lo Spirito Buono se n’č andato. Č
giorno pieno e Tamruŕ scorge un grande lago di
lŕ da una cortina di canne. Tamruŕ
Oltre il canneto scorgo un grandissimo lago, azzurro come il
cielo. Č cosě vasto che non si riesce a vederne l’altra sponda.
Nell’acqua profonda guizzano felici numerosi pesci argentei. Sulla
superficie nuotano intere famigliole di anatre e di cigni. Nei canneti
delle sue sponde nidificano aironi rosati. Questo posto sembra il
Paradiso Terrestre! Tamruŕ
corre felice lungo la sponda del lago, finché
scopre con gioia un cesto pieno di pane e di frutta. Accanto
al cesto, un’anfora colma d’acqua fresca. Del
pane! Della frutta! Dell’acqua! Oh, la mia sorte sta finalmente
cambiando! Questo cibo e quest’acqua sono certamente un dono dello
Spirito Buono, che stanotte ha vegliato sul mio sonno. Ora finalmente
mangerň fino a saziarmi, poi riprenderň il cammino. (Tamruŕ si rifocilla con il pane e la frutta del cesto).
C’č una vela, laggiů, proprio in mezzo al lago. Sta tornando
all’approdo. Quando avrň finito di mangiare, andrň a vedere se c’č
qualcuno che possa aiutarmi ad attraversare il lago. Sono certa che la
Terra della Felicitŕ, dove condurrň anche la mia mamma ed i miei
fratellini, si trova proprio di lŕ dall’acqua.
Scena
quarta Tamruŕ,
poi il Mercante di Bambini Scena:
sulla sponda del lago, presso il pontile al quale č
attraccata la barca del Mercante di Bambini. Tamruŕ
Finalmente sono
arrivata. Č un giorno intero che cammino, senza incontrare anima viva.
Ehi, della barca! C’č nessuno a bordo? Dal
boccaporto emerge il Mercante di Bambini. Il Mercante di Bambini
Che cos’č questo
strepito? Chi chiama? Tamruŕ
(A parte) Oh, quant’č grande e brutto, questo comandante di
nave! Sembra l’Orco cattivo. Speriamo che il suo animo e la sua indole
non siano tanto cattivi quant’č ripugnante come il suo aspetto! (Al Mercante di Bambini) Buongiorno,
signor capitano! Mi chiamo Tamruŕ, vengo dal villaggio di Gassa Charč
e vorrei essere traghettata sull’altra sponda, nella Terra della
Felicitŕ. Potete aiutarmi? Il
Mercante di Bambini (Scoppia in
un’orribile risata) Certo che posso aiutarti, se voglio! Ma non lo
voglio. Io sono il cattivo Mercante di Bambini. Rapisco tutti i bambini
che incontro e poi, quelli che non mangio, li vendo agli aguzzini delle
miniere d’oro. Sei fortunata. Non ti mangerň e venderň anche te,
perché ho appena desinato e sono sazio. In miniera sarai legata con una
catena e dovrai scavare il minerale d’oro giorno e notte, in cunicoli
bui e strettissimi (Ride
sguaiatamente). Tamruŕ
Povera me! No potrň piů tornare dalla mia mamma e dai miei
fratelli! Il
Mercante di Bambini Poco ma sicuro, carina! (Afferra
Tamruŕ, che si dibatte, e la trascina a bordo ) Adesso ti rinchiuderň nella stiva, insieme coi grossi
topacci che la infestano. Tamruŕ
Ahi, ahi! Mi fate male! Lasciatemi andare! Mamma! Aiuto! Il
Mercante di Bambini Ah ah! Puoi chiamare aiuto quanto vuoi. Nessuno ti udrŕ.
Ed se anche qualcuno ti udisse, non avrebbe mai il coraggio di venire in
tuo soccorso, sapendo chi sono. Ah ah, ah ah, ah ah! Rinchiusa
nella buia stiva, Tamruŕ piange a lungo. Infine
s’addormenta. Lo
Spirito Buono le appare in sogno Lo Spirito Buono
Ho udito il tuo
pianto, dolce Tamruŕ. Tamruŕ
Aiutami, Spirito Buono! Li
Spirito Buono Coraggio!
Il pianto degli innocenti e dei bambini non rimane mai inascoltato. Abbi
fiducia. Io veglio su di te dal Cielo. Sono sempre al tuo fianco, anche
se tu non sempre mi puoi vedere. Tamruŕ
Ti prego, Spirito Buono, liberami dalle grinfie del Mercante di
bambini! Lo
Spirito Buono Prima
di essere liberata, ti toccherŕ superare qualche altra prova. Dovrai
rimanere ancora molti giorni in questa buia stiva. Ti ciberai degli
avanzi che ti porterŕ il Mercante di Bambini. Berrai l’acqua di
sentina. Ma tu fatti forza, Tamruŕ. Supera tutto questo con animo
sereno e fiducioso. Non disperarti, e prega con tutto il tuo cuore! Scena
quinta Il
Mercante di Bambini, Tamruŕ. Scena:
stiva della barca del Mercante di
Bambini, illuminata
da fulmini e saette. Il
Mercante di Bambini Ah
ah, ah ah, ah ah! Ah ah, ah ah, ah ah! Tuoni, fulmini e saette! Sta per
scoppiare una tempesta coi fiocchi, di quelle che piacciono a me. Sembra
che il cielo sprofondi nell’inferno! Come te la passi, piccola, lŕ
sotto, nel tuo alloggio di prima classe? Si
scatena la furia degli elementi. Il
tuono rimbomba, il mare mugghia, la pioggia scroscia violenta. La
barca rulla e beccheggia. Tamruŕ Aiuto!
Affondiamo! Mamma! (Il rumore del
fortunale sovrasta la sua voce). Scena
sesta Tamruŕ
e Giovanni, un bambino dalla pelle bianca, poi lo Spirito Buono. Scena:
Tamruŕ č stesa incosciente sulla spiaggia, mentre
Giovanni la sta guardando. Tamruŕ
(Tamruŕ si risveglia)
Chi sei? Come ti chiami? Giovanni
Chi sei? Come ti chiami? Tamruŕ
Non ti capisco. Giovanni Non ti
capisco. Da
fuori scena parla lo Spirito
Buono Lo
Spirito Buono Giovanni! Tamruŕ! Non vi potete capire perché parlate
lingue diverse. Č la conseguenza delle continue discordie che regnano
fra gli uomini. Ora vi toccherň la bocca e le orecchie, cosě potrete
comprendere quello che vi dite (Tocca
le loro bocche e le loro orecchie, poi scompare). Tamruŕ
Mi chiamo Tamruŕ.
Vengo da Gassa Charč. La tempesta ha affondato la barca su cui
viaggiavo e mi ha buttata sulla spiaggia. Giovanni
Io sono Giovanni. Mio
padre č un tessitore di tappeti e, poiché č anche mago, sa costruire
tappeti volanti. Avrai fame, immagino. Vieni a casa mia, dove potrai
rifocillarti e riposare. Tamruŕ
Tappeti volanti? Non ne ho mai sentito parlare! Che cosa sono? Giovanni Sono
dei tappeti magici che possono trasportare in volo le persone. Sono
molto veloci e divertenti. Dall’alto le cose hanno un aspetto molto
diverso. Non immagini quanto. Tamruŕ
Che bello! Mi
piacerebbe tanto provare! Pensi che tuo padre mi permetterŕ di fare un
volo su uno dei suoi prodigiosi tappeti? Giovanni
Certamente. Anzi, ne sarŕ felice. Mio padre ama molto i bambini.
Vieni, andiamo a casa, ora. Scena
settima Giovanni,
Tamruŕ e, da fuori scena, il Corbaccio Antracite. Scena:
davanti alla casa di Giovanni č
steso un grande tappeto volante. Giovanni
e Tamruŕ vi saltano sopra. Giovanni
Siamo pronti a partire per un lungo volo sul mio tappeto volante? Tamruŕ
Io sono pronta. Giovanni
Tieniti forte. Ora recito la formula magica. Lata-pao
su-su. Volare u-hu, volare
u-hu! Nel blu dipinto di blu,
nel blu mio bel tappeto alzati tu. Vai, tappeto volante! Vai! Il
tappeto si alza lentamente in verticale, poi prende il volo fino
a stabilizzarsi in quota. Scena
ottava Sul
tappeto in volo, Tamruŕ e Giovanni Tamruŕ
Che bello! Che sensazione meravigliosa, volare!
La terra, vista dall’alto sembra un paesaggio di fiaba.
Guarda laggiů! Gli alberi, le case, le strade, i campi, i fiumi, i
monti sono cosě piccoli! Sembra quasi che stiamo sorvolando un
presepio. Gli animali e le persone sono cosě piccoli! Paiono tante
formichine indaffarate. Giovanni
Quando avremo superato
quella catena di montagne, che segnano il confine della nostra terra,
farň scendere di quota il tappeto, cosě potremo vedere da vicino gli
abitanti di molti Paesi stranieri. Avremo agio d’osservarli mentre
attendono alle loro frenetiche occupazioni quotidiane e di studiare i
loro strani usi ed i loro ancor piů insensati costumi. Gli uomini sono
pazzi, Tamruŕ. Credi a me. Tamruŕ
Sorvoleremo anche la Terra della Felicitŕ, dove voglio portare
la mia mamma ed i miei fratellini? Abbiamo
lasciato alle spalle la grande catena di montagne. Il paesaggio sta
cambiando. Non vedo piů la boscaglia con i villaggi di tucůl.
Sotto di noi scorrono profonde valli. Lunghi fiumi serpeggiano nella
pianura. Vaste pianure coltivate si stendono a perdita d’occhio,
attorno a cittŕ enormi. Vedo anche il mare, lŕ in fondo. Quant’č
azzurro! Come luccica! Giovanni
Adesso faccio
scendere il tappeto a qualche metro sopra i tetti facendo attenzione a
non urtare i cavi dell’elettricitŕ e le antenne della televisione … Tamruŕ
Rallenta, se puoi, Giovanni, per favore. Giovanni Potrei anche fermarti, sospeso per aria, come un elicottero. Tamruŕ Il contadino
che sta lavorando in quel campo, non ha l’aria molto soddisfatta.
Sembra faticare molto. Č stanco, sporco e sudato. Č assai male in
arnese. Se ne sta ritto impalato, con e braccia aperte. Ha in testa un
cappellaccio di paglia assai malconcio. Forse č un vagabondo di
passaggio. Giovanni
Macché vagabondo,
stupidina! Č uno spa-ven-ta-pas-se-ri.
Sono di poche parole gli spaventapasseri, ma brave persone. Tamruŕ
Ehi, guarda! Laggiů vedo degli enormi tucůl.
Hanno camini altissimi, dai quali escono dense nuvole di fumo rossastro.
Chissŕ che cosa stanno cucinando? Giovanni
Non stanno cucinando nulla. Come al solito, si danno alacremente
da fare per inquinare l’aria che
tutti noi respiriamo. (Tossisce) Quelle sono fabbriche di metil-piril-sulfur-bromur-bicar- acetilene. Tamruŕ La gente che
vi lavora ha un’aria cosě triste! Giovanni
Sfido!
Vorrei vedere te, carina, lavorare tutto il santo giorno, come fanno
quegli operai, ad una macchina che produce un fracasso infernale e fuma
come un pagliaio incendiato, senza fermarsi mai! Tamruŕ
E
quelli? Sembrano annoiati a morte, seduti ai loro tavoli stracarichi di
carte. La maggior parte sono pallidi ed emaciati. Giovanni
Oh, quelli! Non farci
caso. Sono solo degli impiegati. Passano metŕ della loro vita chiusi in
stanze grigie, come polli in batteria. Un quarto lo trascorrono
sull’autobus che li porta da casa al lavoro e dal lavoro a casa. Il
resto del loro tempo lo impiegano a guardare la televisione od a
dormire. Tamruŕ
Vedo anche dei
bambini. Sono seduti a grappoli, nelle loro case, e guardano una scatola
luminosa. Secondo te, Antracite, che cosa stanno facendo? Giovanni Stanno
guardando la televisione, naturalmente. Tamruŕ E non
giocano mai? Giovanni
No, mai! Non sanno nemmeno come si fa. Peggio, non immaginano
nemmeno che si possa giocare fra bambini, senza guardare la televisione. Tamruŕ Che
tristezza, questo posto! Quando
arriveremo alla Terra della Felicitŕ? Giovanni
Eh, mia piccola amica,
ma non hai ancora capito che la Terra della Felicitŕ non esiste. Tamruŕ Non esiste? Giovanni
Non la Terra della
Felicitŕ come te l’immagini tu. Una Terra Felice č solo quella in
cui sei nata. Quella che č resa felice dalla presenza delle persone che
ti sono care, soprattutto da quella della mamma. Tamruŕ
Voglio tornare a casa! Oh, sě! Voglio tornare a casa! Piange Giovanni
Non piangere, adesso atterriamo e vado a cercare qualcuno che ti
aiuti Scena
nona Lo
Spirito Buono Vieni Tamruŕ abbracciati a me, ritorniamo a casa.
Addormentati. Tamruŕ
si risveglia e non c’č piů lo spirito buono La chioccia Coccodč Finalmente
ti sei svegliata, sono tre ore che dormi. Tamruŕ.
Fianalmente sono ritornata. Cara Coccodč. Che bello essere
ancora a casa. La chioccia Coccodč
Ma cosa stai dicendo? Hai preso un colpo di sole in testa? Dove
vuoi essere stata. Hai dormito come un sasso e finalmente ti sei
svegliata. Dai muoviti che tua madre ti cerca. Tamruŕ
Cara Coccodč ho capito la lezione sai. La felicitŕ č qui, a
casa mia ed č portata di
mano, purché abbiamo qualcuno da amare, purché
abbiamo qualcuno da amare. |
F I N E
IL PRINCIPE CIRO, IL MAGO ZOROASTRO E IL BURATTINAIO