LA SCOPERTA DEL MARKETING
(parte prima) (parte seconda)

Chiamò il cugino e gli disse: "Invece di coltivare fave marce da domani lavorerai per me".
Il cugino ascoltò con attenzione le idee e le proposte di Bastiano e, concluso che non erano malaccio, si trasferì nella sua bottega: si adattò in un angolo del retro e l’indomani mattina caricò un’armatura sul mulo e partì per il feudo confinante.
Arrivò in piazza e si mise ad urlare a squarciagola: "Venite, venite, le famose armature "di Bastiano" da oggi anche in questo feudo".


Non era ancora finito il pomeriggio che Azzone (così si chiamava il cugino di Bastiano) aveva preso le misure a 15 cavalieri e si era impegnato a consegnare corazze ed elmi entro due giorni.


Quando tornò ricevette baci ed abbracci da tutti.
Persino la moglie di Bastiano lo strinse forte forte e questa fu la prima volta che la signora si interessò ad un uomo che non fosse suo marito; nel futuro lei si sarebbe "interessata" a lui ancor di più.
Bastiano non pensare che a produrre: assunti fabbri e garzoni, ampliò la bottega prendendo in affitto quella del ciabattino attigua alla sua.


Un brutto giorno Azzone entrò in bottega trafelato dicendo "Siamo rovinati: quel figlio d’un cane di Bortolo, il fabbro di Castelporziano, si è messo a fare le armature come noi e le sta vedendo a molto meno delle nostre".


Bastiano uscì dalla bottega ed errò per giorni nella campagna, sconsolato. Azzone restò invece in bottega e si fece consolare!
Dopo un mese Bastiano tornò.
Aveva la barba lunghissima.
Era dimagrito a dismisura. Entrò, e disse: "Azzone, ho scoperto l’uovo di Cristoforo".
Azzone gli fece notare che il noto Cristoforo non era ancora nato e che del suo uovo non era quindi il caso di parlare.
Bastiano si infuriò e disse: "Azzone, invece di ascoltare stai sottilizzando: taci che ti spiego.
Ho pensato che le nostre armature potranno essere fatte, da questo momento in avanti, utilizzando metà del ferro che abbiamo impiegato sino ad ora.

Saranno più leggere e daranno ai cavalieri la protezione solo nelle parti del corpo più vulnerabili. Di conto li renderanno più veloci nei movimenti e così riusciranno ad uccidere più nemici".


Azzone lo ascoltò a bocca aperta a lungo; quando la richiuse disse:
"Che bella pensata!"
Lo scrivano, facitore di conti, fu chiamato a consulto. Ascoltò a lungo, pensò a lungo e disse: "Che bella pensata!"
La signora Bastiano fu messa al corrente del progetto e, come ben si addiceva alle donne di allora, tacque.
I figli si associarono alla madre, eccezion fatta del solito "rompiballe".
"Babbo" disse: "Come fai capire alli cavalieri che la tua è una bella pensata?"
Bastiano, afferrò per un braccio lo scrivano facitore di conti che stava per uscire, scaraventò Azzone sullo sgabello e gridò "Che vi pago a fare?
Il mio figliolo pensa più di voi e ci ha pure ragione".
Furono ore di liti furibonde : tutti volevano dire l’ultima parola, si parlavano addosso; ma alla fine il giovane figlio (per la cronaca Marco) indicò la soluzione.
Un torneo fra cavalieri sarebbe stato indetto da Bastiano che avrebbe messo in palio per i vincitori una dozzina di armature complete e la manutenzione delle stesse per 5 anni.
Il giorno della tenzone i cavalieri partecipanti, divisi in due squadre, vestivano armature di nuovo tipo.
Dopo 3 giorni di torneo i primi furono tutti sconfitti.


Bastiano ricevette dal valvassore la medaglia al valore dell’ordine dei MARCHETTARI, per aver ideato armature di cotal fatta da arrecare la sconfitta delli nemici per mano delli cavalieri resi più agili nelli movimenti.


Per anni il fabbro visse di soddisfazioni di ogni genere: si parlava delle armature di "Bastiano" in ogni feudo.
Ma un triste giorno la signora Bastiano che aveva sempre taciuto andò dal marito e parlò dicendo: "Connuto" (tradendo con la forma dialettale le sue origini siciliane).
Con Azzone si trasferì armi e bagagli in terra germanica: lì, i due amanti presero a costruire armature leggere, ma così leggere che più leggere non si poteva.
Avevano fatto tesoro delle esperienze acquisite al fianco di Bastiano e nel corso degli anni le misero a frutto.
Le loro armature superleggere furono acquistate da amici e nemici che da qualche parte venissero erano sempre ben accettati e ben serviti: dopo tutto il cliente ha sempre ragione!
Fin dai primi tempi della loro fuga al nord si erano domandati se fosse il caso di continuare a chiamare le armature prodotte da loro, "di Bastino".
Fu scartata l’ipotesi. Azzone infatti così si espresse: "Cornuto e mazziato, forse è un po’ troppo".


Optarono per il nome Helvetia (dalla valle in cui venivano) e la scelta fu felice.
Le terre intorno al laboratorio furono presto considerate dai clienti belligeranti lungo di sospensione delle tenzoni: indotti a questo dal fatto che le regole cavalleresche impedivano di aggredire chi fosse, per un motivo o per un altro, sprovvisto di armatura.
E lì, nel laboratorio Helvetia, un po’ tutti quelli che arrivano, almeno durante i momenti della scelta, dovevano necessariamente rimanere senza armatura per il tempo occorre alle prove.
Azzone e "signora" capirono presto l’importanza di questo fatto e furono d’accordo con i maggiorenti del paese e di quelli vicini di scrivere le regole di comportamento di quanti si recavano in quelle contrade per acquistare le armature Helvetia.
La norma n. 1 fu "Pecunia non olet", la n. 2 "Fra amico e nemico non mettere un dito".
Le altre 8 che completavano il decalogo furono scritte in caratteri piccoli piccoli che nessuno leggeva.
La "Carta Helvetia" circolò nelle mani di tutti in terre vicine e lontane e l’invito al riposo del guerriero, cui invogliava implicitamente, fu accolta da millanta e millanta.


Anche i clienti di Bastiano, da terre italiche, si trasferirono in quelle elvetiche per fare shopping.
Bastiano, che intanto si era risposato con una montenegrina tutta pepe, non aveva molto tempo da dedicare allo studio di come impedire la fuga dei clienti, preso com’era a "conversare" con la moglie slava più giovane di lui di 20 anni.
Non si fece dunque molto pregare quando Azzone, calato in Italia, gli fece la proposta di vendere il laboratorio: accettò anche perché gli dava la possibilità di trasferirsi in terra albanese per aprire un laboratorio di Helvetia e servire da lì arabi ed affini fra una "conversazione" e l’altra con la giovane moglie.
La Helvetia non conobbe più limiti: aprì botteghe in ogni dove e le armature leggere, ma così leggere che più leggere non si può, vennero sempre più usate come "prét à porter".


Gli eredi di Azzone e consorte vissero nei secoli seguenti dei guadagni che Helvetia realizza in misura sempre più cospicua.
Ma un giorno giunse notizia dalla Repubblica di Venezia che un certo Marco Polo, tornato da terre d’Oriente, raccontava di aver visto in un’isola di quell’impero, artigiani fabbricanti di armature non fatte di ferro ma di legno e di un legno leggero come piuma e resistente come l’acciaio.
Dalla Helvetia parti alla volta di Venezia uno dei fratelli Azzone che chiese ed ottenne di incontrarsi con Marco Polo.
Tornò a casa mesi dopo, con un muso lungo così. Riuniti i fratelli, riferì su quanto aveva saputo dal veneziano: "Questi gialli", esordì, "saranno la nostra rovina".
Nel corso della riunione si formularono le più svariate congetture che andavano dallo sconforto: "Siamo fregati" all’ottimistico: "Si fregano da soli".


Al termine la decisione fu unanime: alcuni fidi dell’Helvetia, travestiti da vocalizzatori di jodler sarebbero partiti in tournée per l’estremo Oriente con il compito segreto di vedere e riferire.
Tornarono dopo 5 anni e la loro lunga relazione fu oggetto di numerose riunioni. Al termine, la Helvetia decise che in futuro...



... (qualunque cosa Helvetia abbia deciso è particolare che noi non interessa. Quel che ci importa è che il marketing era ormai stato scoperto. Da allora chi lo applica ridà al "naso" la sua "funzione d’uso": quella di reggiocchiali !!!).
Testo: FRANCO TAGLIENTE
Disegni: GIANNI AMBROGIO